sabato 18 febbraio 2017

Mi guardo indietro e bruciano le porte

Non ho idea del perché lo abbia chiamato Bobby.
Insomma, che nome è "Bobby" per un cane di peluche?
Eppure Bobby fu.

Il mio pupazzo è un cane, il che è quasi scontato dal momento che nella mia vita, da quanto ricordo, sono sempre stata circondata da cani veri.

Lui è IL peluche. Quello che tutti i bambini hanno; quello che si porta sotto le coperte, che si stringe quando fuori ci sono i tuoni ed ancora sei troppo piccola per smettere di averne paura; quello che si trascina ovunque, che perde il bianco a forza di seguirti dove tu vada e che ha bisogno di più lavatrici che tu di docce.
Bobby è IL mio peluche.

Non ricordo assolutamente chi me lo abbia regalato perché, in realtà, non so neanche bene definire cronologicamente quando è comparso nella mia infanzia. Guardandomi indietro lo colloco in qualsiasi mio istante.
S'è già detto che è un cane. Un bulldog. E mi fa ridere perché, se devo dirla tutta, non ha l'espressione dolce che solitamente hanno coniglietti, orsacchiotti e cuccioli vari. Ha un'espressione proprio seria, che non ispira propriamente tenerezza; eppure io, tra la miriade  (per cercare di quantificarli, pensate che 1-io e mia sorella piccola abbiamo potuto giocare anche con quelli che sono passati prima per le mani delle mie altre tre sorelle grandi e 2-siamo state delle bambine proprio tanto coccolate e forse viziate), di pupazzi che la mia casa ha ospitato, l'ho scelto come mio amico fedele per crescerci insieme.

Ha il dorso bianco e tutto il resto di un marrone chiaro che non ha nulla di speciale, però ogni volta che l'ho guardato bene ho pensato che fosse un colore bellissimo, che fosse unico, come in una persona può esserlo il colore degli occhi.
Ci ho dormito insieme per anni, mi ricordo come fosse ieri come stava bene sotto il mio piccolo braccio; quante volte ci ho pianto sopra per quel capriccio o quella litigata con la sorellina.
Gli avevo dato anche una voce buffa perché, come tutte le fantasie di bambini che si rispettano, lui era vivo, per me. Mi ascoltava e, se fosse stato il caso, mi rispondeva pure.

E se vi sembra inquietante ricordatevi sempre che parlo di quel momento dell'età in cui ancora probabilmente si fa ancora fatica ad allacciarsi bene le scarpe ed in cui il caschetto scelto da mamma ti fa sentire una mega modella.

E' affascinante pensare a come le cose cambino; a come sei piccola ed hai il tuo amichetto, gli prometti la tua amicizia per sempre, ma poi cresci e un pochino lo lasci da parte.
Io però non ho fatto davvero e proprio così.
Bobby esiste ancora, non è buttato in qualche angolo dello scantinato.
Non è vicino a me, se devo proprio essere precisa al millimetro, è a chilometri da me, in un'altra regione. Ma non pensate che lo abbia abbandonato o che abbia voluto liberarmene o lasciarlo altrove per avere più spazio per altro.
Ho fatto una scelta ed ho deciso che dovesse stare in un posto che credo sarà il punto in cui il cerchio si chiuderà.

Il punto in cui, con un po' di fortuna, ci sarà tra qualche tempo qualcun altro che farà scolorire quel bianco, che troverà rassicurante anche un'espressione quasi da duro.

Intanto io vi ringrazio se avrete letto tutto questo post e se, come sempre, vorrete lasciarmi scritto magari anche traccia del vostro amico fedele d'infanzia, inanimato, ma in grado di rappresentare qualcosa di bello.



Buon sabato, a chi non è come neve...

mercoledì 8 febbraio 2017

A chi sa sentirsi a volte un niente

A volte mi chiedo quanto costi riconoscersi allo specchio.
Lasciarsi scrutare dai propri occhi, seguire il proprio labiale che altro non è che quello che si sta dicendo, nel momento esatto in cui lo si dice.
Mi sono sempre risposta che, in qualsiasi caso, sarebbe stato più dispendioso che specchiarsi in quelli altrui.
Ed oggi, invece, con un lento sospiro ho capito che è tutto il contrario.

Ho sempre avuto un buon rapporto con la notte; ho scritto più volte che era il tratto delle 24 ore che riuscivo a gestire meglio, in cui la mente era più che attiva ed in cui mi venivano in mente i post migliori o le soluzioni perfette.
Ultimamente, invece, è di nuovo tutto al contrario, come allo specchio.

Appena chiudo gli occhi mi sento pervadere da una tristezza assurda, da una voglia di piangere senza motivo e la cosa ancora peggiore è che neanche ci riesco.
Penso che vorrei essere a casa mia, proprio in un momento in cui invece avevo cominciato a sentirmi bene anche in mezzo a dei confini che avevo costruito da sola, prendendo le mie personalissime misure.
E più ci penso più mi sento male all'idea che un giorno potrebbe mancarmi chissà quanto di più.

Vorrei dare la colpa a qualcuno, dire che forse è per il susseguirsi degli esami ma è una bugia bella e buona perché, almeno quelli, seppur assolutamente asfissianti, li sto gestendo con rigorosa precisione e lucidità; vorrei dire che mi mancano i motivi per ridere ma sarebbe una bugia ancora peggiore della precedente, perché le giornate, in un modo o nell'altro, mi danno modo di sentirmi serena anche in mezzo alle sfortunate coincidenze. E vorrei dire che è colpa di questa o quella persona, ma non sarebbe giusto, né desiderabile, perché sarebbe come delegare a qualcun altro il compito di gestire per me le mie emozioni.

La verità forse è semplicemente che sono in uno di quei periodi in cui mi rendo conto che ben presto sarà il momento di scegliere, di dirigersi verso una certa strada piuttosto che su un'altra, e paradossalmente invece che preoccuparmi di come arrivarci ho paura di sbagliare.

Avrei voluto scrivere qualcosa di bello, in questi giorni, mi sono messa a pensare ore ed ore a qualcosa di positivo da pubblicare ma oggi non riuscivo più a trattenere il coraggio di ammettere che, ancora una volta, ho tanta paura.
Ed ho bisogno di lasciare che le mie paure si trasformino finalmente nelle mie cure...

Buona giornata, a chi non è come neve...